Il cliente crede di andare dal professionista per avere soluzioni. Un cattivo professionista gliele dà, anche subito.
Un buon professionista, invece, gli dà solo problemi, all'inizio. Il professionista è colui che risolve problemi, un buon professionista risolve buoni problemi bene. E solo un buon professionista può darti problemi buoni.
Da un problema, bello e buono, escono le soluzioni in men che si dica, e saranno soluzioni belle e buone.
Almeno, è una condizione necessaria, se non sufficiente.
Per esempio. Il cliente tipo bussa alla porta e ti chiede una pensilina. Il cattivo professionista apre il suo catalogo, se ne sceglie una, magari una che ha sempre voluto fare, che ha visto in un sacco di riviste...e te la disegna, magari anche bene...ma non sarà un progetto. Al limite sarà un questionario.
Un buon professionista invece risponde con un problema: hai bisogno di riparare l'accesso dalla pioggia e dalla neve , ma non dal vento, e non dagli sguardi indiscreti (tanto meno dallo sguardo del sole...) Anzi, questa area è un dehors estivo; anzi, questo elemento è un elemento richiamo che serve. Inoltre hai bisogno di una zona gioco bimbi protetta ma visibile dal secondo piano ... ecc ecc.
Questo cliente è venuto da me chiedendo di rinfrescare e risistemare un soggiorno. Dove mettere il divano (pregiato), come rifoderarlo al limite...un rinfrescatina, insomma, lei è l'architetto, usi il suo estro!
Il mio approcio era quello di far raccontare, ed è emerso che lo spazio, molto ardito all'epoca di costruzione, sebbene completo e ricco spazialmente, non era rispondente alle esigenze "temporali". Si trattava, si, anche di adeguare uno spazio a svariate ed incompatibili funzioni che aveva acquisito attraverso la consuetudine (soggiorno intimo, ufficio notturno, salotto della domenica per la famiglia che si amplia, pranzo e caffé, ecc ecc), ma soprattutto di cogliere come queste funzioni erano articolate e distribuite nel tempo, e di gestire inevitabili sovrapposizioni temporali.
Cioé un progetto del tempo, non tanto dello spazio. Quindi interattività (e dunque gioco).
Il problema aveva una conditio risolutrice. Il cliente era un costruttore grande e capace: la casa era attempata nel linguaggio ma in perfetto ordine e come nuova. Si trattava di progettare il tutto senza opere edili, paradossalmente.
Per me andava bene, entrare ed uscire in punta di piedi, con una grande discrezione torinese. Understatement.
E grande rapidità. (Progettare pure il tempo di progetto...)
La soluzione è uscita in quattro quattr'otto. (ho messo tempo - troppo tempo - a presentare, perché collaudavo due nuove socie - che non hanno saputo fornire alcuna soluzione ne produrre disegni utili - ma all'epoca non avevo ancora aperto gli occhi, e adesso mi fanno causa accampando diritti - e io ho perso il cliente).
Si configurava come un gioco: erano tre gli elementi.
- il tappeto: significati: di qui e non la, soglia, passaggio. Usato in modo inconsueto e innovativo, come una pennellata, per compromettere il senso ordinario di uno spazio come una serie di strati (pavimento, parete, soffitto) E che tappetti!
- la tenda: significati: il termine minimo di divisorio, dentro/fuori, intimità/accoglienza, interattività architettonica. Coniugato con morbidezza, il gioco della luce, colore, tessitura, eventualmente anche suono.
- i mobili: significati: funzione, identità, lealtà. La disposizione dei mobili era plurima e variabile, perdendo la loro connotazione istituzionale per diventare elementi di gioco con gli altre tre elementi.
Il cliente è stato invitato a giocare col mischiare le schede, scegliende la configurazione più gradita. Dalla sovrapposizione degli acetati compariva la sigla della combinazione da realizzare.
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